L'ultima notte di Antonio Canova by Gabriele Dadati

L'ultima notte di Antonio Canova by Gabriele Dadati

autore:Gabriele Dadati [Dadati, Gabriele]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Baldini&Castoldi
pubblicato: 2018-01-29T23:00:00+00:00


Fontainebleau, 26 ottobre 1810

Napoleone si era rivelato un narratore mediocre: non che gli mancasse il talento, anzi, ma si spazientiva a parlare di qualcosa che conosceva bene. Cosa gliene veniva da quella ripetizione? Così più volte era dovuta intervenire Maria Luisa a integrare, rettificare, addirittura capovolgere. Cosa che l’imperatore accettava stringendosi nelle spalle, visto che in quel momento aveva poco interesse a primeggiare.

«Dunque, ecco come Nanà mi ha salvata», disse Maria Luisa visibilmente soddisfatta. L’aveva chiamato un’altra volta così.

«Non è vero», disse lui scuotendo la testa.

«Mi avete condotta fuori dal fuoco.»

«L’ho fatto io, ma ce l’avrebbe fatta anche Schwarzenberg da solo. E se non lui, qualcun altro. No, davvero, non è questo.»

«Non dite così», intervenne Canova senza quasi rendersene conto. «Avete descritto un inferno.»

«Vi ho detto il numero dei morti e quello dei feriti. Francesi e austriaci assieme. Cosa ha potuto fare per loro l’imperatore? Niente. Assolutamente niente. Perché l’imperatore non ha nessun potere che non sia di adoperarsi perché tutto vada per il meglio. Ma quando poi le cose vanno in un’altra direzione, ecco che l’imperatore è uguale a ogni uomo.»

Lo scultore, che nel frattempo aveva sollevato la testa da sopra le mani aperte, si lasciò andare all’indietro sulla seggiola. Il ronzio che sentiva non accennava a diminuire.

«Continuo a credere che si sia trattato di una fatalità», concluse Napoleone. «E non sono disposto a considerare Schwarzenberg più colpevole di quanto lo sia il mercante che ha venduto la carta all’artigiano che ha realizzato quel festone per la serata. Ma vedete, ecco che allora il destino ha molto più potere degli uomini. O, almeno, ne ha molto più di me, che pure non ne sono privo. Bisogna sperare che ogni cosa vada per il meglio. Io devo scegliere il cammino da far percorrere alla mia gente e credere che una frana improvvisa non lo interromperà. Questo dovrebbero dirsi tutti quelli che siedono su un trono. Troppo spesso se lo dimenticano, perché su quel trono ci sono nati, e sono convinti che basti aprir bocca per far accadere le cose. Ma ora credo di dovervi lasciare. Sono atteso dal Consiglio. Vi prego di prendere la frutta senza di me.»

Si alzò e si diresse verso Maria Luisa per omaggiarla.

Nel frattempo anche Canova si era levato per il saluto.

Quando Napoleone se ne fu andato e i due furono rimasti soli, o meglio alla presenza discreta dei servitori, l’imperatrice disse: «Spero abbiate apprezzato questo bel racconto di coraggio. O di servizio, come direbbe lui. Come vedete, tratta la sua sposa come fosse la Francia».

Lo stuzzicava. Ecco dunque il senso di quella pantomima.

Fu proprio tenendo conto della presenza dei servitori che Canova rispose soltanto: «Il coraggio dell’imperatore è celebre e gli fa onore. Gli fa ancora più onore accompagnarlo con l’umiltà di non chiamarlo neppure con il suo nome».

Lei sorrise, con amarezza.

«Desiderate della frutta?»

«Posso essere sincero con voi?»

«Ve ne prego.»

«Questa notte ho stentato a riposare. Con permesso, mi ritirerei nella mia stanza per un paio d’ore, in modo da poter poi fare gli ultimi ritocchi alla creta del vostro ritratto.



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